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Visualizzazione dei post da giugno, 2015

Esortazioni

Il congiuntivo esortativo nel presente dev'essere di tempo presente, non di tempo imperfetto come si  usa per esempio a Roma.  (Di' loro che) stiano zitti! Forma corretta. (Di' loro che) stessero zitti! Forma scorretta. Dal momento che Roma impera nella Rai, il virus si diffonde.  Si confonde nella capitale l'esortativo con l'ottativo: Ah, se stessero zitti!  In latino preced uto da utinam che vuol dire magari

E' mio, tuo, suo, nostro, loro

Ripeto la segnalazione di un abuso dell'aggettivo possessivo "proprio" sempre crescente, a discapito di "suo" (nelle ovvie varianti), abuso di cui non so capire il motivo. I pochi che sanno operare l'inutile scambio in modo accettabile* sono circondati dagli innumerevoli pappagalli contagiati dal virus, incapaci, analfabeti e privi di orecchio. Ne risulta, oltre al fastidio, l'orrore. Oggi 28 VI 2015 nel supplemento del Corriere (La lettura) il giovane Giordano, che penso sia uno scrittore, si produce prima nell'inutile, poi nell'orrido, commettendo nel secondo caso un errore clamoroso. Non so se la mostruosità in genere dipenda da una sorta di spirito proprietario untuosamente intimorito dalla sana aggettivazione corrispondente al forse troppo netto "mio" (nelle ovvie varianti). Ripeterò i modi giusti: Mario ama sua madre. Gli automobilisti lavano le loro auto. Ogni condominio ha il suo amministratore. Si ha cura della propria casa
Udito per qualche decina di secondi un alto papavero anticorruzione ieri sera dalla Lilli Gruber, direi napuletane , il quale in quel breve spazio di tempo ha cannato sistematicamente tutti i congiuntivi, genere "credo che è" al posto di "credo che sia". Ignoranza o maleducazione, comunque lui è un corruttore della lingua. Non da solo. Da anni D'Alema si produce nella stessa boiata. Per dirne uno assai noto.

Dinasty

Il prof. Taglietti, figlio del prof.Taglietti, nipote del prof.Taglietti e padre del prof.Taglietti, ognun di loro primario ospedaliero del passato e del presente, osserva con soddisfazione il tramonto del prof. Ras, a suo dire esercitante da venti anni il potere nella cittadella ospedaliera e universitaria fiorentina.  A Taje', me cojoni?

"Sputi"

Accanto allo "sportello" dove mi trovavo, una donna accuratamente vestita di nero parlava con il cassiere; argomento, la barriera "antisputi". Ho inteso dopo qualche secondo che l'ambìto oggetto è una lastra trasparente da erigere tra l'addetto e l'utenza, a "protezione" dell'uno e dell'altra da quelle minime gocce di saliva che si emettono durante la conversazione. La signora evidentemente non sapeva che cosa significa sputare, oppure mancava nel parlare di quella anche banale eleganza esteriore di cui sono certo che si riteneva soddisfatta. Alla sua età.
Si elegge il rettore dell'università di Firenze. Dal momento che sono stato messo a riposo non partecipo alla votazione, tuttavia quando ero in servizio ho votato forse due volte, beninteso annullando la scheda, in tutto il tempo. Perché? Perché ero  crescentemente estraneo all'università, e mi sentivo estraneo. Allora, perché ci restavo, ci sono restato, tanti anni? Indovina!
1.Non si dice "aurea", quando si vuol accennare a un qualche "alone" all'incirca "soprannaturale" che si attribuisce per esempio ad una persona. Si dice "aura". Ne deriva il termine "aureola". 2.Quando s'incorre in una qualche assonanza di parole non voluta ciò si definisce "bisticcio", e non "gioco di parole". Certo un bisticcio può conquistare qualche volta il titolo di gioco di parole (in francese calembour), ma quasi sempre risulta essere un incidente sgradevole di suoni. Anche il gioco di parole può essere non voluto, ma si riconosce perché strappa un sorriso. Il bisticcio fa invece pena. Viene in mente la ripetizione presente in uno scritto: se è voluta dà forza, se non è voluta la toglie. 3. Quando non si conosce il significato di una parola è meglio non usarla. Certo, sapere di non sapere è già un sapere, e molti non sanno di non sapere. Costoro sono i veri ignoranti, che hanno diritto di parlare, c