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Visualizzazione dei post da agosto, 2012
Ammesso che il numero chiuso nell'iscrizione all'università sia un ostacolo alla "libertà di scelta", crediamo che la "libertà di scelta" debba misurarsi con la realtà; ma che le prove d'accesso a un corso di studi, per esempio Medicina, prevedano domande su Storia dell'Arte, della Letteratura (ci riferiamo ad una simulazione pubblicata sul Corriere di sette giorni fa), non ci sembra tanto comprensibile. Non che la cosiddetta cultura generale umanistica sia da disprezzare, certo, ma le prove d'accesso dovrebbero limitarasi a valutare una cultura commisurata al tipo di studi scelto dal candidato, quindi non "generale", ma specialistica: nel caso di Medicina, inerente le scienze biologiche, la chimica, la matematica . Pensiamo che, insieme alla cultura generale umanistica, per cui "devi" sapere chi è Cavour, per esempio,  debba esserci la cultura generale scientifica, per cui "devi" sapere che cosa significa Teorema

Città?

In questi anni ho sentito spesso un certo ragazzino denominare come "città" vari paesotti dei dintorni. Eppure ha visto Roma, Genova, Venezia, spesso Milano, e molto Firenze. L'altro giorno si parlava di Pistoia, una piccola città (ma anche Roma, in confronto a Tokio, è una piccola città), ed abbiamo osservato che le città della Toscana, Firenze in testa, sono quasi completamente piatte e si trovano in pianura, come Pistoia. Il ragazzino di cui sopra ha riferito che però a scuola gli hanno insegnato che la Toscana è collinare - cosa vera, anche se ci sono larghe fette di pianura dove appunto si trovano i capoluoghi di provincia toscani, magari eccetto Siena. E allora Reggello?, ha ribattuto il geografo, incorrendo di nuovo nella topica di cui sopra. Reggello è un paese, gli è stato detto. "Quanti nomi!", ha borbottato il geografo. E' proprio così, il linguaggio è uno strumento di una certa precisione (da qui la ricchezza lessicale) che può essere us
Non so perché, ma da un po' noto nei discorsi che sento o leggo frequentando da spettatore, o lettore, i media, ne sono certo, che l'aggettivo possessivo (suo, sua, suoi, sue, loro) è sostituito senza motivo ed alquanto scorrettamente da "proprio", "propria", "propri", "proprie". Ora, in italiano, è corretto dire: Antonio è tornato a casa sua; i Bettazzi hanno fatto imbiancare le pareti di casa loro. Invece sento, e anche leggo: Antonio è tornato a casa propria; i Bettazzi hanno fatto imbiancare le pareti della propria casa, e così via. Orrore! E' corretto usare "proprio", "propria", "propri", "proprie" nelle frasi che iniziano con "si": si fa benzina pagando di tasca propria; si tifa per la propria squadra; ci si occupa degli affari propri, (non) si esprime la propria opinione, e così via. Semmai "proprio" ecc. può essere usato come rafforzativo di "suo" ecc.: m
Indipendentemente dal fatto che le tasse universitarie siano alte o non alte (infatti bisognerebbe valutare che cosa danno le facoltà, una per una, agli iscritti), l'aumento proposto dal governo di quelle a carico degli studenti fuori corso non mi torna. Anche qui, bisogna vedere facoltà per facoltà quanto pesano i fuoricorso nelle biblioteche, nel prestito libri, nei laboratori, nelle aule, agli esami, nelle liste d'attesa dei docenti che seguono tesi. Quanto appesantiscono il funzionamento delle facoltà, dunque "danneggiando" i non fuori corso. Secondo la mia esperienza, che è limitata alle facoltà umanistiche, i fuori corso semplicemente sono assenti che pagano tasse d'iscrizione a qualcosa di cui non fruiscono, o di cui fruiscono molto poco. Si accontentano di apparire un paio di volte l'anno agli esami, tutto qui. Per laurearsi si accontentano di poco (del resto come la maggioranza), magari la tesi la comprano da qualche "specialista". E'