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Visualizzazione dei post da gennaio, 2019

I Protocolli dei savi di Sion

Per farsi notare, un senatore del M5S ha criticato nei giorni scorsi la prepotenza delle grandi banche attribuendola ad una inclinazione ebraica - e citando I protocolli dei savi di Sion . Ci è riuscito, almeno stando ai media che io seguo, attirandosi anche la scontata rampogna di un alto papavero della cosiddetta comunità ebraica, com'è noto da sempre internazionalmente estranea al mondo dei soldi. Io credo che la maggior parte di coloro che accennano ai Protocolli , affrettandosi ad aggiungere che "si tratta di un falso messo in giro dalla polizia politica russa", ai tempi degli zar, circa cento anni or sono, non l'abbiano né aperto né letto. E' dunque il momento di andare in libreria o in biblioteca e chiedere il volume curato da C. De Michelis intitolato La giudeofobia in Russia , edito da Boringhieri, nel quale si trovano, insieme ad altri testi "giudeofobici", i Protocolli , nella traduzione del De Michelis stesso. Si tratta di un testo che mett

La passione dei tedeschi per l'arte figurativa

Di recente si è tornati a parlare di un'opera che manca dalla galleria degli Uffizi di Firenze oramai dai tempi della presenza armata (ostile) dei tedeschi in Italia dopo l'8 settembre 1943; si tratta di una cosiddetta natura morta che fu sottratta da un soldato tedesco - in verità non dagli Uffizi, ma da un luogo dove era stata messa "al sicuro". Orbene, i media che io seguo, altri non so, continuano a parlare, in merito alla sottrazione, o furto, o bottino di guerra che dir si voglia (pratica quest'ultima connessa da sempre ai contesti bellici) di responsabilità dei "nazisti", con tale formula censurando la effettiva germanicità del fatto.  Sarebbe come dire, oggi, che gli interventi buoni o meno buoni della polizia italiana sono effettuati da leghisti - dal momento che è il capo della Lega Matteo Salvini ministro degli Affari Interni, ministero da cui dipende la polizia di Stato. O che i militari italiani impiegati all'estero a scopi buoni o meno

Goethe con Proust

Di recente ho tradotto dall'originale I dolori del giovane Werthe r. Nel lavoro, lento e perciò attento ai dettagli, ho colto due accenti "proustiani", ragion per cui concludo che in Proust (1871-1922) v'è del Goethe. Ricorderò tre passi "proustiani" del Werther. Il primo: recandosi in carrozza ad un ballo insieme a due ragazze, Werther viene informato del fatto che Lotte, che i tre stanno andando a prendere, è fidanzata, ciò che lascia il ragazzo indifferente. Fulminato al primo sguardo, intriso nel miele della serata danzante, il ragazzo ode una signora ricordare maliziosa a Lotte un certo Albert. Chi è Albert?, lui chiede. E' il mio fidanzato, risponde Lotte. Orbene, Werther osserva che l'informazione, ora, messa in rapporto alla realtà relazionale creatasi tra lui e Lotte, vive di quella vita che prima, slegata da essa, non viveva.  Ciò è perfettamente "proustiano" - non dico geniale, dico proustiano. Il secondo: avanti nella storia