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Visualizzazione dei post da luglio, 2015

Scelta? Errore?

Da molti anni si abusa del termine e del concetto di "scelta" applicandolo a costumi, comportamenti, condotte.  Si sceglie (senza virgolette) un oggetto, un colore, un sapore (penso al gusto del gelato) quando si dispone appunto di una scelta concreta tra oggetti, colori e così via. Si è nell'ambito dei fatti. Il concetto di "scelta" nell'ambito  etico, diciamo dei significati, è inaccettabile come è inaccettabile il concetto di "errore" quando è applicato all'etica.  Se si accoltella una donna a scopo di rapina, non si commette un "errore" - né si compie una "scelta" criminale: si commette qualcosa di malvagio. Non si tratta di una "scelta". L'atto risulta da motivazioni molteplici di cui il soggetto non è padrone. Così come il soggetto non è padrone delle sue abitudini, comportamenti, condotte.  Si sceglie (senza virgolette) una maglietta verde in un negozio commettendo un errore (senza virgolette) perché
Una boiata oramai stabile è il termine "antidolorifico". Si dice "analgesico". Se non "farmaco contro il dolore". Una recente è "efficientamento", da un verbo, "efficientare", che non esiste. Boiata al quadrato. Si dica "rendere efficiente", poi si taccia.

Non è colpa dell'inglese

Da anni odo e leggo il termine (è un sostantivo astratto) "tecnicalità"*, che significa all'incirca "aspetti tecnici" di qualcosa. Ebbene, "tecnicalità" non si dice, è una boiata che deriva dall'inglese, ma letto in fretta. Si dice "tecnicità".  Così come non si dice "medicale", ma "medico", parola, ebbene sì, che è insieme un sostantivo ed un attributo. Per cui: "il medico sta visitando i suoi pazienti"; ma anche "approccio medico alla depressione". *Ho trovato questa schifezza perfino in un articolo di Eugenio Scalfari, diversi anni fa.
Da molto tempo odo, soprattutto nell'ambito dei commenti sul calcio, il verbo "finalizzare" adoperato al posto del verbo "concludere". Probabilmente siamo di fronte ad un nuovo caso di traduzione ad orecchio dall'inglese. In effetti to finalize, raro, significa concludere, sfortunatamente però "finalizzare", raro anch'esso, significa impostare un atto in vista di uno scopo. 
La "situazione sociale" d'una telefonata tra amici o conoscenti può dar luogo a un tipo di parlato che non può e non deve essere  usato in "situazioni sociali" del tutto diverse. Se un politico e amministratore locale scambia opinioni o che so io con un suo conoscente o amico e questi dice che la tale figlia di magistrato ucciso dev'essere anche lei eliminata, ebbene: che il politico taccia e non commenti lo sproposito tutto telefonico dell'altro, non conta.  Il fatto è che il comando che conta non lo hanno in mano i politici o gli amministratori ed a costoro oggi è richiesto solo di apparire come l'etichetta impone. Solo di apparire "corretti".  (Questa è psicologia sociale applicata alla politica: vedi Ross e Nisbett, La persona e la situazione , edizione Il Mulino)

Customer's Satisfaction

La valutazione dei docenti da parte degli studenti ai fini dell'ottenimento da parte dei primi di aumenti di stipendio è legata ad una visione commerciale della scuola per cui gli studenti sono clienti, utenti, e non più allievi. E' ovvio che uno studente di fatto valuti il docente come bravo, noioso, simpatico, sadico, democratico, giusto e così via. Ma non può certo valutarne in modo ufficiale la preparazione. Neppure il direttore didattico può farlo, a meno che in questione sia una scuola piccola e che il direttore didattico sia conoscitore della materia del docente. Il resto è banale e riguarda oggettive manchevolezze dei docenti. Come se ne esce? Formando gruppi di docenti omogenei per materie, guidati da colleghi eletti ogni anno, allo scopo di discutere e confrontare le rispettive esperienze. E gli aumenti? Si tratta di pochi soldi. S'incassino e si suddividano tra tutti i membri del gruppo che al gruppo abbiano partecipato.
Negli ultimi anni della sua vita passavo a far visita a mia madre, la mattina, mi fermavo per una mezz'ora e poi me ne andavo. "Vai a scuola?", mi domandava lei facendomi un po' incazzare, infatti non era la scuola il mio lavoro, ma l'università. E invece mia madre precorreva di una decina di anni i tempi: oggi le vecchie facoltà, più o meno rimescolate tra loro, si chiamano "scuole". Forse il termine "facoltà" era troppo difficile e misterioso, invece il termine "scuola" è facile e suona anglofilo. Ieri (sono due anni e mezzo che sono in pensione e non ho messo più piede in facoltà, vi garantisco che non è cosa da tutti: neppure per essere festeggiato insieme a coloro che "con dedizione" si erano "impegnati per anni e anni", né per ritirare "un pensierino" ) ho incontrato la mia ex preside, che in effetti abita dalle mie parti. Ci siamo salutati con una certa quale cordialità, e lei mi ha comunicato la