Post

Visualizzazione dei post da novembre, 2014

Evidence

Asini anglofili irriflessivi hanno da anni abolito la buona traduzione di "evidence", che è "prova", sostituendola con l'osceno mostruoso imbecille "evidenza".

Su allegri!

Una recensione di Antonio Negri ad un libro di Giorgio Agamben, pubblicata due giorni or sono sul Manifesto, mi ha dato da trascorrere una decina di minuti - allegri; la stroncatura negriana, questo ho capito, consta infatti di un linguaggio talmente innaturale che ritengo sia stato inteso da pochi addetti ai lavori. L'allegria dipende comunque dall'essermi io detto una volta ancora che i linguaggi settoriali servono a creare outsiders, più che a trasmettere conoscenze interne ad una comunità scientifica o intellettuale o professionale. E' del resto possibile che Negri odi Agamben, o che Agamben abbia a suo tempo stroncato Negri, e così via. Per chi non lo sapesse i due sono filosofi della politica, se non filosofi e basta. Orbene, il linguaggio settoriale della filosofia è il killer della filosofia stessa, che merita invece di essere prodotta secondo armonie linguistiche analoghe a quelle della saggistica in genere, se non uguali a quelle della narrativa. O delle favole.

"Educazione alla legalità"

Essendomi guadagnato da vivere per 40 anni in una facoltà che aveva come ragione sociale l'insegnamento, mi è capitato di far caso non pochi anni or sono al concetto di "educazione alla legalità", adoperato da sciocchi colleghi ed ancora più sciocchi studenti.  Dico subito che prima d'iniziare a trattare qualsiasi tema inerente l'insegnamento bisogna fare piazza pulita dell'uso mostruoso che oggi si fa del termine "formazione", che viene confuso con quello di istruzione, cioè: invece di dire "istruire" si dice "formare".  Vengo al punto: la legalità non può essere oggetto di istruzione, a meno che non si voglia aggiungere altra acqua al vino della scuola. La legalità dev'essere l'effetto formativo di pratiche tecniche (scrivere, leggere, far di conto, sapersi situare nello spazio e nel tempo: lingue, matematica, storia, geografia) caratterizzate dal rispetto delle loro regole.

Ortografia

Sempre più spesso leggo Si affermativo di risposta senz'accento sulla i invece che Sì con l'accento: perfino nelle cazzo di schede referendarie! "Paolino si liscia i baffi" : bene senza accento sulla i , perché si significa che Paolino liscia i baffi a se stesso (o a sé stesso, va bene ugualmente). "Paolino si rende ridicolo": bene senza accento sulla i , perché si significa che Paolino rende ridicolo se stesso. "Hai portato la motosega? Sì, l'ho portata." Bene con l'accento sulla i , perché sì significa affermazione. Si (a se stesso) viene dal latino sibi. Si (se stesso) viene dal latino se. Sì viene dal latino sic.

Raccontare

Sempre più spesso leggo e sento il verbo "raccontare" connesso ad "oggetti" che non gli competono. Il culmine abominevole sta nel "raccontarsi", "x si racconta", inteso orribilmente come "raccontare sé" e non com'è giusto: "raccontare a sé", tipo: "x si racconta delle balle". Orbene: si racconta una storia, una favola. Non si racconta una persona. "Raccontarsi", osceno, mostruoso, intollerabile, non a caso usatissimo dal quotidiano La Repubblica, non si deve dire: si deve dire "raccontare di sé". Ecco, con questa forma, che viene dal latino "de", che rimanda al complemento di argomento, si aprono infinite possibilità. Vi racconto l'ultima. Sì. Vi racconto una storia. Sì. Vi racconto una favola. Sì. Vi racconto Napoleone. NO. Vi racconto di me. Sì. Vi racconto di Napoleone. Sì.

Mi indigna

Da anni schiere di asini confondono il "mi" complemento oggetto con il "mi" complemento di termine. Ciò li porta a dire o scrivere per esempio: a me stupisce che ... in quanto prendono il "mi" di "mi stupisce" per "stupisce a me", invece di intenderlo correttamente come "stupisce me". "Mi piace" significa piace a me, quindi consente di dire "a me piace". "Mi indigna" significa indigna me, quindi non consente di dire "a me indigna". 

Deportation

Il giornalista F.Rampini ha descritto ieri 5 XI su Repubblica lo scenario del dopo elezioni in Usa, prevedendo la vittoria dei repubblicani. In merito agli immigrati che non sono in regola il Rampini immagina che i repubblicani vincitori chiederanno che costoro siano deportati . In quella curiosa versione dell'inglese che si parla negli Usa rimpatrio si dice appunto deportation . Curioso che Rampini si sia lasciato sfuggire questa sfumaturina. Va bene che i repubblicani Usa sono così di destra che noi non ce lo immaginiamo nemmeno, ma ... (Ieri sera 21 novembre la corrispondente del tg rai 3 Giovanna Botteri, in merito all'iniziativa di Obama di legalizzare la presenza di milioni di immigrati, si è prodotta anche lei in questa puttanatina: e ha parlato di deportazione).