Catrame. Cinque libri di Lucio Mastronardi

1. Nei sessanta e passa anni dall'uscita del Maestro di Vigevano, di Lucio Mastronardi, potrei averlo letto, ma oggi, trovato in uno scambio libri e scorso, mi sono chiesto se per caso io non mi sia limitato a vedere il film che ne fece Elio Petri, con Alberto Sordi, il quale a Vigevano (cittadina lombarda prossima al Piemonte) lo situo male. 

Il MDV racconta di un cinquantenne che osa lasciare il suo penoso posto sicuro di insegnante elementare per finanziare con la liquidazione un laboratorio di scarpe della moglie e del cognato. Viene tuttavia presto sbattuto fuori da tale pratica perché  vanaglorioso diffonde informazioni circa gli incassi e gli imbrogli fiscali di moglie e cognato. Rientra nello Stato dopo "regolare concorso", intanto scopre che la moglie gli mette le corna; poi incontra una donna, da lui già contemplata in una cornice idilliaca, come prostituta; riceve infine dalla moglie, morente, la rivelazione che il loro figlio è frutto di un vecchio adulterio. 

Cane bastonato al tempo del "miracolo economico". 

Durante la lettura, piuttosto piacevole, ho trovato diverse parole dialettali, carine però non facili da inquadrare, l'uso del catrame come metafora polivalente nel segno del mancare alla vita e una fobia del protagonista inerente la nudità dei piedi con particolare riferimento alle dita dei medesimi. Meglio, molto meglio, ma non so perché, mi sono tornati in mente la Lettera a una professoressa di Don Milani, il film "La scuola" di Daniele Luchetti *, ma anche il Sessantotto, che forse Mastronardi previde, precorse, predisse. Il romanzo è nero, dentro però vi brilla molta ironia. 

Vedovo, deluso dal figlio, il protagonista scivola infine verso un nuovo matrimonio opportunistico con una grassa quarantacinquenne, anche lei maestra, che ha tuttavia delle solidità economiche alle spalle. Catrame.

2. Nel 1964 per Einaudi uscì Il meridionale di Vigevano, che, con uso massiccio del dialetto locale **, racconta in prima persona alcune giornate della vita di un abruzzese, credo, impiegato di grado intermedio in un ufficio delle imposte dirette. Che un abruzzese, il quale in definitiva pare sfogarsi dei suoi fastidi quotidiani, sia tanto competente in fatto di dialetto vigevanese non è credibile e apre una crepa grave nella fattura del racconto, a meno che l'autore non abbia inteso mettere il lettore nella condizione di "terrone" impiegato nel nord Italia ... Comunque sia il protagonista e narratore non ha fortuna professionale, infatti si mescola "scorrettamente" con gli attori delle attività industriali del posto; né abitativa, infatti viene sbattuto fuori dalla affittacamere probabilmente ingelosita da certe divagazioni notturne di lui, che quindi, preso un appartamento in affitto, se lo trova invaso da "terroni" appena immigrati; né "amorosa", infatti si caccia in una storia con una voluminosa prepotente femmina senza accorgersi che un'altra lo concupisce in segreto ... Al posto del sangue il protagonista viene accusato da costei di avere latte ... L'autore in questo romanzo ci dà ancora una immagine tra la tenebra e la satira del "miracolo economico" italiano.

3. Del 1962 è Il calzolaio di Vigevano, interamente scritto in vigevanese. Ne consegue che il lettore che ignora modi e segreti di tale dialetto stenta un po'. In compenso le prospettive del romanzo sono ampie, infatti vanno dal primo al secondo dopoguerra vigevanese. Si narra di un certo "calzolaio" e di sua moglie, i quali, con fortune alterne, tirano avanti a fabbricare scarpe senza tregua battagliando con il mondo, con la concorrenza e anche tra loro due.  A parte lo squallore dell'insieme non si deve dimenticare che Mastronardi ha fatto un lavoro grandioso combinando realismo dialettale ed espressionismo ... L'umano deprimente che scaturisce dal libro corrisponde, io credo, all'estro dell'autore.

4. Del 1975 è la raccolta L'assicuratore. Si tratta di racconti di cui segnalo "Gli uomini sandwich", atto di satirica accusa del materialismo gretto che manifesta(va)no gli industriali vigevanesi della scarpa e i loro accoliti, sempre applicati a "bolli" e a "milani", il cui valore mi pare che corrisponda alle mille e alle diecimila lirette degli anni sessanta. Naturalmente in vista degli agognati milioni. Il titolo si riferisce a una proposta che uno di questi piccoli industriali fa al protagonista, di usare un'auto a prezzo scontato purché rechi sulle fiancate il nome della ditta dell'interessato. Costui è il futuro cognato del protagonista, un maestro elementare che, dopo aver conosciuto la famiglia della fidanzata sceglie la libertà. Forse i meno giovani ricorderanno gli "uomini sandwich", tipi che si aggiravano nel centro città facendo da umano "formaggio e prosciutto" a due "fette di pane", cartoni illustrati e stampati pubblicitariamente ...  

5. Del 1971 è il notevole romanzo A casa tua ridono, scritto in italiano con solo qualche concessione dialettale. In prima persona un certo Pietro valuta la sua carriera, da lavoratore subordinato incline a infortuni vari a padrone di un'azienda acquisita tramite un cosiddetto buon matrimonio. Pietro com'è naturale non è contento della moglie e neppure del figlio, di cui crede d'intuire la omosessualità. Ciò che il romanzo reca d'interessante è la sua costruzione, che dal punto di vista psichiatrico imita una qualche patologia rimuginatoria ... dal punto di vista letterario nel rileggerlo ho pensato al metodo di William S. Burroughs, che tagliava le sue pagine e le ricostituiva a mo' di collage (v. Cut up) ... comunque sia l'effetto che a me fa questo libro, specie nella terza parte, è quello di un ritornare delle stesse parole, frasi, scene, intanto che rintocca il settenario a casa tua ridono.

Non intendo "concludere" il presente scritto in nessun modo. Mastronardi, uomo tormentato, seppe trasformare il suo dolore in un'opera letteraria non banale.

* Lettera a una professoressa, che riguarda le scuole medie, uscì qualche anno dopo Il maestro di Vigevano. Il film di Luchetti racconta di un istituto tecnico romano ed è del 1995. Ora mi ricordo anche di Domenico Starnone e della sua rubrica "ex cattedra", ospitata dal "Manifesto" parecchi anni fa.

** Per fortuna c'è un glossario in fondo al volume.

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