Louis Wolfson

 Un film con regia cieca fallisce negli Usa, ma riscuote successo a Parigi: è una trovata di W. Allen, se non sbaglio in "Hollywood ending". Ci ho ripensato vedendo "Sqizo" (D. Fabbri, 2020), opera su Louis Wolfson,  newyorkese in patria etichettato come schizofrenico: scrisse un libro in francese (Le schizo et les langues) e lo inviò a Gallimard, importante casa editrice parigina, ricevendo attenzione e pubblicazione. In sostanza da giovane Wolfson soffriva di antipatia per la lingua inglese, madre lingua e lingua di sua madre, e cercò, trovandolo, rifugio in diverse altre lingue, tra le quali il francese. Totò avrebbe detto: sono pazzo ma non scemo...

Ho poi letto Mia madre musicista morta ..., pubblicato da Einaudi, traduzione dal francese fatto in casa di Wolfson. Il testo riporta scarni appunti della madre ammalata di cancro intervallati per lo più dai resoconti delle uscite di Louis, scommettitore accanito sui cavalli ... il finale si svolge tutto in un ospedale ... l'attaccamento di Louis alla malata è evidente, anche se velato da una sfiducia nella medicina che rasenta il banale ... e imbarazzato dalla presenza del patrigno, Sam ... la lettura del libro è spassosa in quanto la follia di Louis è incapsulata in una intelligenza ribelle che non manca qua e là di attrarre, pian piano però diventa noiosa.

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