Lo scrittore Giuseppe Pontiggia ...

 Di Giuseppe Pontiggia è uscita tempo fa una raccolta di pareri in merito a scritti pervenuti alle case editrici di cui era consulente. Si raschia il fondo del barile, infatti l'autore è defunto diversi anni fa. Sto aspettando di procurarmi La morte in banca, opera prima, intanto ho riletto Il giocatore invisibile e letto La grande sera . Qualcosa di narrativo risiede anche nell'opera giovanile (1968) intitolata L'arte della fuga, ripubblicata mi pare nel 1992 con qualche modifica. Prima persona invece è una raccolta o antologia, non ricordo, di articoli scritti per Il sole 24 ore. Chi desiderasse conoscere le opinioni di Pontiggia sulla vita e la società tra la fine del ventesimo secolo e l'inizio del ventunesimo potrebbe dare una scorsa a tale libro, appartenente al suaccennato genere "si raschia il fondo del barile". Non ho letto Nati due volte. Arbasino scrisse che era "nato a Voghera e rinato a Roma", ma in Pontiggia si tratta d'altro.

L'arte della fuga è un testo che esige dal lettore una certa attiva partecipazione, infatti ci si capisce poco, comunque non solo è scritto bene, ma contiene perfino frammenti di poesia davvero eccellenti. Il giocatore invisibile è un vero romanzo. Un filologo classico dell'università, a Milano, è tormentato da un articolo apparso su una rivista del settore, che lo denigra. Cerca di scoprire chi lo abbia scritto. Non ci riesce, in compenso alla fine della lettura si intuisce di chi possa essersi trattato. Milano, mai nominata, esce letterariamente bene dal romanzo, che a me pare molto impegnato con il tema dell'adulterio. Come lo è La grande sera, ancora eccellente in fatto di milanesità visiva.

La grande sera, dunque. Un malversatore finanziario, se non addirittura uno strozzino, sparisce. In molti lo cercano, il fratello, la moglie, due amanti. Anche qui l'adulterio pullula. Al narratore* delle due storie i personaggi fanno tutti più o meno ribrezzo. Si salva solo il nipote del malversatore scomparso, cui resta un gruzzolo lasciatogli dal ricco zio ...

Pontiggia è un bravo scrittore che in questi due romanzi tafana tuttavia il proprio lavoro con una sentenziosità resa ancora più insopportabile dall'uso ininterrotto del paradosso. 

Quanto a La morte in banca, si tratta del lungo racconto in prima persona di un diciassettenne alla sua prima esperienza di lavoro. Scarne, eccellenti pagine di estraneità. La "morte" cui accenna il titolo è - credo - la perdita della capacità di pensare un'alternativa al tran tran. L'edizione (Mondadori 2003) che mi ha procurato la biblioteca dell'Impruneta**  include diversi godibili racconti brevi e una postfazione di Mario Barenghi, il quale inquadra La morte in banca nel genere narrativo "storia impiegatizia" fornendone qualche ragguaglio non solo bibliografico. Dei racconti "Storia di un verbalista", del 1985, mi pare il migliore, il più divertentemente nichilistico. Si tratta di un funzionario di banca - incaricato di raccogliere informazioni sulla clientela che chiede un fido - il quale si inventa le informazioni.

*si distingua il sig. Giuseppe Pontiggia nato a Como ecc. dallo scrittore Pontiggia, e da questi l'anonimo che racconta le storie qui riassunte. ** come quasi tutti i libri che qui vado "recensendo".

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