Delusione di primavera

Su una bancarella di libri vecchi ho trovato Tempeste di primavera, di Frank Thiess, e appreso che tratta d'amore nel contesto dei "cavalli pensanti di Elberfeld". Di Thiess molti anni fa trovai e lessi Tsushima, un romanzo sulla guerra tra Giappone e Russia (1904-1905) . L'autore mi era rimasto in mente mentre studiavo non so più quale opera di Guido Ceronetti, che ne  menziona il romanzo con trasporto. Quanto ai "cavalli pensanti di Elberfeld", notevole fenomeno di oltre un secolo fa, io ne ho avuto notizia solo da una decina di anni traducendo - per me - un racconto di Kafka intitolato Uno studente ambizioso. Ceronetti, dunque, Kafka, la battaglia navale di Tsushima (27-28 Maggio 1905), Thiess (1890-1977), ecco i nomi che mi hanno indotto a comprare Tempeste di primavera, pubblicato nel 1937 e tradotto da Anita Rho per Frassinelli. 

Wolf Brassen, il narratore, studente di origine piccolo borghese, frequenta l'università a Tubinga - lettere, storia e filosofia - e segue a mo' di cagnolino il barone Sternenthal, un collega dotato di fondi, direi un dandy. S'infatua a distanza di una ragazza di nome Mara, vista durante una lezione. Sono rievocazioni di fatti accaduti subito prima della grande guerra (1914-1918). Viene condotto da Sternenthal in una casa fuori città dove diversi quadrupedi equini zoccolano davanti ai convenuti soluzioni di problemi aritmetici anche non semplici, evidentemente addestrati a ciò dal loro padrone, tale Gordon. Brassen, scarso in aritmetica e in matematica, si sente vicino ai cavalli, medita, si estasia, e non sa ancora che, finita la esposizione di abilità equine, tra gli ospiti intanto pervenuti in villa c'è Mara ... Brassen, scambiate poche - ma secondo lui significative - parole con Mara, esce dalla casa dove si sono manifestate le competenze equine, rientra nella sua stanzetta da studente, non riesce a dormire, si riveste e se va in giro. Dopo aver trascorso qualche tempo a bere vino in compagnia di un conoscente inglese di Sternenthal - forse a sua volta infatuato di Mara - ebbro vaga farneticando in merito alle possibilità di successo amoroso che ha confrontandole con quelle - misere! - dei numerosi rivali, tre o quattro. Pagine gustose! Pervenuto alla villa dove risiede Mara, Brassen apre il cancello del giardino e sembrerebbe intenzionato a raggiungere la bella ... nella di lei camera ...  invece filosofeggia ... rinfodera il progetto di penetrarle ... in camera ... esce dal giardino ... scorge un uomo insieme a una donna, stanno entrando in una casa vicina ... che strano, lei assomiglia a Mara ... ma ecco di nuovo l'inglese di cui sopra, il quale informa Brassen del fatto che non era entrato nel giardino della casa dove abita Mara, ma in un altro! Cancello sbagliato! Brassen, dopo qualche giorno di riflessioni - e di rimorsi circa una certa Barbara, sua fidanzata - fa tuttavia ritorno nella casa dei cavalli pensanti del signor Gordon ... incontra un tizio, il padrone di casa ... colloquio penoso, ma utile ad orientare il narratore circa le complesse relazioni che interessano la bella Mara ...  la bella amara ... Mentre inizio a considerare la parziale infelicità della mia pesca nello stagno dei libri usati, Brassen entra nella scuderia, si accosta a un cavallo cieco ... né s'accorge che è presente la bella amara ... i due scambiano qualche decina di parole ... ahi! La signorina, apprende Brassen, pratica il signor Gordon ... un uomo maturo, sposato! Crolla un mondo di fantasticherie ... pare che così si cresca ... non saprei ...  Mara sfiora con una carezza Brassen, 'povero piccolo', gli dice ... Né lui le molla un ceffone ...

Non si pensi che sia finita qui. Il resto del romanzo, che io tuttavia stento a terminare, ricostruisce la storia di Mara, una creatura che crea scompigli all'incirca amorosi come la Ottilia delle Affinità elettive di Goethe, opera che il buon Thiess menziona ... 



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